giovedì 19 novembre 2009

I RASTRELLAMENTI MILITARI


I rastrellamenti, durante la seconda guerra mondiale, erano vere e proprie operazioni di tipo militare accuratamente preparate e attuate con grande dispiegamento di uomini, mezzi e armi pesanti. L’obbiettivo principale di un rastrellamento erano i partigiani e il loro annientamento. In genere un rastrellamento doveva colpire in modo inaspettato e violento, cogliendo di sorpresa i partigiani. Per questo motivo si cercava di evitare ogni possibile scontro, lasciando che le formazioni diventassero consistenti nel numero e temerarie nelle azioni. Allo stesso tempo si cercava di ottenere tutte le informazioni possibili sulla posizione e sulla consistenza delle forze partigiane. I nazisti arrivavano con le autoblinde e iniziavano a sparare con le mitragliatrici; scesi, circondavano l’area dov’erano collocati i partigiani e in silenzio perlustravano casolari, siepi, contrade, percorrendo tutte le strade, fino ai sentieri che conducevano ai monti ed ai boschi, dove subito i giovani cercavano di scappare, sperando di salvarsi nascondendosi nei rifugi sotterranei. Le case, spesso, venivano incendiate.
Uno dei rastrellamenti più noti, è quello avvenuto sul monte Grappa fra il 20 e 28 settembre del 1944. Il massacro si è sviluppato ad opera delle truppe del Terzo Reich, ed è caratterizzato da una violenza spropositata. Quella che doveva essere un’operazione contro i partigiani acquistò dopo poche ore i tratti del massacro contro prigionieri e civili disarmati. Infatti le forze della Resistenza arroccate sul Grappa non avevano le armi adeguate e sufficienti e nemmeno le munizioni per fronteggiare un rastrellamento. Quindi, dopo un lesto tentativo di contrasto, dovettero abbandonare il terreno. In poco tempo la violenza nazista e fascista si sviluppò contro degli uomini, soprattutto donne e bambini.
Giulia Vigolo

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